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Commedia di transizione fra vecchio teatro e riforma, convenzione e originali fughe in avanti, "La serva amorosa" è caso drammaturgico davvero singolare: senza rinunciare all'inesauribile vitalità della commedia dell'arte e del teatro molieriano, accoglie spunti creativi della recente drammaturgia italiana e consolida la messa a punto dei principi etici già delineati da Goldoni nelle commedie "tenere", prefigurando le istanze sperimentali del genre sérieux et touchant diderottiano. Scritta in un raro momento di benessere e serenità personale ("Tre mesi che soggiornai l'anno scorso in Bologna, formarono i più felici giorni della mia vita"), "La serva amorosa" riflette l'incanto della sua genesi e sembra proporre l'utopia di una legittimazione totale dell'ideologia borghese condivisibile da ogni classe sociale, pur lasciando trasparire i primi sintomi della fragilità del ceto mercantile. Rappresentata la prima volta al teatro Formagliari di Bologna nella primavera del 1752, la commedia riscosse - anche grazie all'interpretazione della "servetta" Maddalena Marliani (di qui a poco straordinaria locandiera) - un grande successo, che avrebbe continuato a prodursi sulla scena otto-novecentesca e fino ai giorni nostri.